152 Claudio Gnoli
tamente considerato corrispondente al soggetto dei documenti testuali (Hjørl-
and 2017). In una statua di Martin Luther King, l’isness è il pezzo di granito
scolpito, l’ofness è Martin Luther King e l’aboutness sono i diritti civili.
Osserviamo che queste informazioni vengono in genere tradotte a loro vol-
ta in indici testuali, per esempio nella stringa
diritti civili oppure
antilopi, perché il testo alfanumerico è la modalità fondamentale con cui
funziona la documentazione, anche nella nostra epoca digitale basata sul co-
dice ASCII dei calcolatori; altrimenti possiamo ricorrere a tecniche diverse di
multimedia information retrieval (MMIR), quale la ricerca di particolari forme
e colori, che sono attualmente oggetto della ricerca informatica: ne ha scritto
ampiamente negli ultimi anni Roberto Raieli.
I documenti che hanno la forma di oggetti tridimensionali, come una scul-
tura, uno strumento musicale o un fossile, sono esposti e fruiti in istituzioni
tradizionalmente chiamate musei. Tuttavia Salaba ha considerato la tendenza
recente a varare “libraries of things” che propongono, oltre a libri, oggetti sva-
riati compresi strumenti musicali che gli utenti possono provare: qui il termine
biblioteca è forse suggerito, più che dal tipo di documento, dalle modalità di
fruizione comprendenti una “consultazione” o un prestito, che nei musei sono
invece inusuali.
In effetti può accadere che la funzione di documento venga assunta da-
gli oggetti più diversi, come ho avuto modo di constatare interessandomi di
strumenti delle tradizioni popolari (Gnoli 2010): oltre che da esemplari degli
strumenti stessi, infatti, succede di ottenere informazioni rilevanti anche da
una statuina di presepio o da una marionetta della famiglia torinese Lupi, in
quanto esse imbracciano una cornamusa in cui si vedono i bordoni infilati in
punti diversi della sacca, che ne tradiscono un’origine in Italia settentrionale
(dove questi strumenti sono poi in gran parte scomparsi) e non centro-meri-
dionale (dove le zampogne tuttora diffuse hanno tutti i bordoni fuoriuscenti
da un unico foro). Altre notizie su questi strumenti ci giungono dai suonatori
ritratti in affreschi di chiese lombarde, piemontesi e liguri, e in un caso recente
perfino dalla scena dipinta sul sipario ottocentesco del teatro Carbonetti di
Broni, in Oltrepò Pavese, dove si vede uno strumento conico che fa pensare
agli oboi popolari del vicino Appennino delle Quattro Province.
In tutti questi casi, però, la scoperta delle informazioni è stata casuale, per-
ché nessuno si era dato la pena di indicizzare ogni particolare del presepio o del
sipario. Entra qui in gioco la questione della rilevanza del tema di base (affine
alla aboutness) del documento e quella dei suoi diversi temi particolari, che
secondo Alberto Cheti si possono registrare o meno anche tenendo conto del
loro interesse per gli utenti. La rilevanza, tuttavia, è difficile da predire in an-
ticipo: come si può immaginare che un affresco sacro verrà un giorno studiato
da un etnomusicologo?